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Covid 19 e mancanza di spazio

Covid 19 e mancanza di spazio

Dove depositare il petrolio?
Come prima
Oggi sembra che tutto sia ritornato nella norma: i consumi di petrolio si stanno riprendendo ovunque, in Cina hanno raggiunto addirittura i 13 milioni di barili [Nota 1] al giorno, non troppo lontano dai massimi consumi di sempre, e il Wti (West texas intermediate, il greggio estratto nel Texas a cui si riferisce il mercato del petrolio negli Stati Unitia) ha chiuso qualche giorno fa con una quotazione di poco superiore ai 32 dollari al barile, come due mesi fa, e cioè prima che Arabia saudita e Russia lanciassero la loro guerra dei prezzi.

Clamoroso?
Ma poco più di un mese fa, il 20 aprile, a Wall Street si verificò qualcosa che si potrebbe definire clamoroso. Subito dopo l’apertura della Borsa, il petrolio sul mercato americano perse il 74% del suo valore, fino ad andare sotto la barriera dei 6 dollari al barile, il suo minimo storico; la discesa non si arrestò e le contrattazioni conclusive raggiunsero un livello mai toccato dal 1946, anno di inizio delle rilevazioni mensili: con un perdita del 305% il prezzo del petrolio americano arrivò ad un valore negativo di 37,63 dollari al barile. In poche ore, da +18 dollari a -37 dollari al barile.

-37,63 $
Ma cosa significa un prezzo negativo? Semplice, ti pagano se sei disposto a ritirare la merce che i produttori hanno in magazzino, in questo caso il petrolio che hanno depositato nelle cisterne. Perché sono piene e non c’è altro spazio dove depositare il petrolio appena estratto.
Il vantaggio per gli acquirenti lungimiranti sarebbe doppio: dato che i futures a giugno erano scambiati a circa 20 dollari, avrebbero incassato i 37 dollari per il ritiro ad aprile e poi i 20 dollari al momento della consegna a giugno.
Fantastico, verrebbe da pensare. A queste condizioni, tutti i trafficanti di petrolio sparsi a quattro capi del mondo si ritroverebbero a fare la fila davanti ai giganteschi depositi. Non è andata in questo modo, la faccenda è un po’ più complicata.

Cosa è successo?
Sul mercato americano dei futures (contratti con cui un investitore si impegna oggi ad acquistare, o a vendere, una certa quantità di un bene nel futuro, ad una determinata scadenza) del prezzo del petrolio, il 21 aprile si chiudevano i contratti per la consegna a maggio.
In quel momento vi era una abbondanza inusitata di petrolio, stoccato ovunque fosse possibile: 160 milioni di barili nelle stive delle superpetroliere, noleggiate a peso d’oro e alla fonda nei più importanti porti di scarico del mondo; 55 milioni di barili nelle cisterne del deposito di Cushing, in Oklahoma, conosciuto come l’Incrocio degli oleodotti del mondo, al 72% delle loro capacità già il 10 aprile. 

 

Poche e non sempre praticabili le soluzioni alternative. Ad esempio, gli interminabili convogli ferroviari statunitensi per il trasporto del greggio – 70.000 barili l’uno – sottoutilizzati in questo frangente, affittabili a 500-800 dollari al mese a carro. Un solo problema: il rifiuto di alcuni gestori ferroviari, quali Union Pacific e Bnsf, di ospitare, per ragioni di sicurezza, il greggio nei loro vagoni parcheggiati in binari morti. Rimaneva la possibilità di lasciare il greggio in eccesso negli oleodotti inutilizzati, ma anche in questo caso sarebbero potuti sorgere conflitti legali tra i proprietari dei tubi e le raffinerie cui sono collegati. 
Insomma, un’abbondanza di petrolio tale da saturare tutti i possibili luoghi di stoccaggio.
Il petrolio non può essere buttato via, perché inquina, e quando l’abbondanza dell’offerta coincide con la scarsità della domanda, i produttori preferiscono pagare per consegnare la merce piuttosto che rischiare di non potersi posizionare sulla scadenza successiva, in questo caso quella di giugno.

La causa?
Molto semplice: il mondo, paralizzato dal coronavirus, consumava ad aprile 70 milioni di barili di greggio al giorno rispetto ai 100 milioni del periodo precedente l’arrivo della pandemia. Soltanto il 7 gennaio scorso il Wti era arrivato a quasi 63 dollari al barile, appena al di sotto dei valori massimi dal 2015. Da quel momento, i primi casi di coronavirus in Cina e il successivo crollo della domanda.
Il taglio di circa 10 milioni di barili al giorno imposto dai produttori OPEC e la chiusura del 58% dei giacimenti negli Stati Uniti, non sono bastati a compensare il crollo del 30% della domanda.
In aprile ogni giorno si estraevano 10 milioni di barili in più rispetto a quelli che si vendevano.

Davvero imprevedibile?
In realtà, sembra che Arabia Saudita e Russia, i principali produttori mondiali dopo gli Stati Uniti, abbiano commesso qualche errore, accentuando un crollo dei prezzi che era apparso da subito difficilmente evitabile.
Ad esempio, nel mese di marzo, con lo scopo di accaparrarsi nuove porzioni di mercato, Arabia Saudita e Russia non hanno trovato un accordo per nuovi tagli all’estrazione, giocando la carta degli sconti incontrollati. Ma l’intenzione principale era di mettere fuori mercato gli operatori americani del shale oil [Nota 2], in massima parte produttori indipendenti, che lavorano con capitali presi a prestito, e che non sono in grado di restituire gli interessi quando il prezzo scende al di sotto dei 30 dollari al barile.
La guerra dei prezzi ha funzionato, mettendo fuori mercato i produttori di shale oil americano e canadese, ma al contempo ha accelerato la tendenza al ribasso dei prezzi. E quando, agli inizi di aprile, Russia e Opec si sono accordati per un taglio della produzione di 10 milioni di barili al giorno, era ormai troppo tardi essendo la domanda di petrolio calata da inizio pandemia di 30 milioni di barili giornalieri.

Dove parcheggiare gli aerei?
Il 16 aprile, negli Stati Uniti,si sono imbarcati 95 mila passeggeri.
Nello stesso giorno, ma un anno prima, i passeggeri furono 2,6 milioni. Un calo, dunque, del 96%.
Eppure, le compagnie statunitensi hanno continuato a far volare i loro aerei, anche se pressoché vuoti. I voli all’interno degli Stati Uniti sono, infatti, diminuiti solo del 50-60%, diversamente da quanto accaduto in Europa, dove hanno seguito il brusco calo dei passeggeri.
Una prima ragione è legata alle scelte del dipartimento trasporti del governo statunitense che, pur di garantire, un servizio aereo minimo garantisce alle compagnie aeree un supporto finanziario.
Ma le compagnie aeree statunitensi continuano a far volare i loro aerei non solo per accedere ai finanziamenti pubblici: hanno difficoltà ad adattare velocemente la loro struttura organizzativa all’improvviso calo di passeggeri. Soprattutto, e potrà sembrare non poco strano, non sanno dove diavolo parcheggiare tutti i loro aerei. 

Non male, per un organismo che si è spinto fino ai limiti minimali dell’esistenza, quasi nell’immateriale, riuscire a contendere spazio, e fiato, ai giganti del movimento.


E far volare un aereo significa emettere una notevole quantità di gas serra nell’atmosfera.
Ci limitiamo ad alcuni semplici dati.

  • Volo Roma-New York, circa 6900 km, aereo con 240 passeggeri: oltre 165 tonnellate di CO2
  • Volo Milano-Parigi, circa 600 km, aereo con circa 130 passeggeri: oltre 12 tonnellate di CO2
  • Emissioni di CO2 eq per passeggero percorso Milano-Parigi: 66 kg in aereo, 18 in treno, 134 in auto.
  • Emissioni di CO2 eq per passeggero percorso Milano-Bangkok: 889 kg in aereo, 75 in nave.

 

Nota 1. Il barile è l’unità di misura convenzionale utilizzata per negoziare il greggio ed equivale a 159 litri. Oggi, 30 maggio, con il prezzo a di circa 35 dollari il barile, un litro di petrolio costerebbe circa 22 centesimi di dollaro.

Nota 2. Shale oil, ossia olio di scisto, è un petrolio prodotto da frammenti di rocce di scisto bituminoso. La capacità produttiva giornaliera di shale oil negli Stati Uniti è cresciuta in 4 anni del 54% e ha toccato un livello di 9,4 milioni di barili alla fine del 2014.
Ma attenzione, gli scienziati riconducono l’aumento del metano (gas serra decine di volte più efficace del diossido di carbonio) nell’atmosfera negli ultimi dieci anni proprio all’estrazione di shale oil e shale gas negli Stati Uniti ed in Canada.

Covid 19 e mancanza di spazio ultima modifica: 2020-06-03T17:46:25+00:00 da Giorgio Della Valle

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