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Un lontano studio sulla laminazione delle piene del Lamone

Un lontano studio sulla laminazione delle piene del Lamone

 

Nel nostro lavoro di approfondimento sulla complessa emergenza verificatasi in Romagna nello scorso maggio abbiamo rintracciato un documento risalente all’ottobre 2010: “Valutazione delle possibilità di laminazione delle piene del fiume Lamone a monte del tratto arginato”, uno studio commissionato dalla Regione Emilia Romagna al Prof. Ing. Armando Brath.

Rilevando un quadro di rischio idraulico piuttosto serio lungo il tratto d’asta del Fiume Lamone compreso tra Pieve del Tho e lo sbocco al mare[1], lo studio si dedicò all’individuazione di alcune aree che si prestassero alla realizzazione di casse di espansione artificiali delle piene e effettuò una prima “valutazione degli effetti di tali casse e delle potenzialità che esse offrono ai fini della mitigazione del rischio alluvionale e del miglioramento del  livello di sicurezza idraulica del territorio”.

Le quattro aree di espansione sul corso del Lamone
Bene, sul Lamone le aree individuate come sede di casse di espansione furono due, di fatto fra loro contigue, poste nei pressi della località Molino del Rosso, nel comune di Brisighella.

Altre due casse furono individuate sul Marzeno per laminare l’onda in ingresso alla confluenza con il Lamone, una nella zona di confluenza Samoggia,

e l’altra in località di Molino di San Martino.

Alcuni dati:

  • la superficie complessiva delle due aree di espansione sul Lamone è pari a circa 39.8 ha, mentre quella delle aree sul Marzeno è di 41,8 ha;
  • il volume reso disponibile dalle 4 casse individuate è complessivamente pari a circa 3.99 Mm3 (milioni di metri cubi di acqua), rispettivamente 2,07 Mm3 nelle due casse sul Lamone e 1,92 Mm3 nelle due aree sul Marzeno;
  • le aree individuate erano allora localizzate in prossimità di cave già in essere, il che portava ad ipotizzare il coinvolgimento di operatori privati;
  • fu prevista una quota minima del fondo delle cassa di espansione sopraelevata di almeno un metro rispetto al cosiddetto “thalweg” locale, cioè la linea teorica tracciata unendo i punti più bassi del letto di un fiume, al fine di evitare ristagni di acqua al termine delle piene.

La seguente mappa, che mostra con efficacia le rispettive collocazioni delle quattro area di espansione (verdi), necessità di qualche approfondimento, essendo presenti altre aree campite in modo differente.

Le aree in arancio identificano altre zone di espansione che  sarebbero potute divenire ulteriori luoghi destinati alla funzione di laminazione, ma che non vennero prese in considerazione per la loro più problematica fruibilità, sia per la presenza di strutture abitative, sia per il loro utilizzo agricolo ad alto investimento e reddito, sia per la conformazione sia, infine, per il fatto di aver esaurito il loro potenziale estrattivo.

Le aree in blu presenti nella mappa sono le zone golenali che potrebbero essere sottoposte ad interventi di rimodellamento, 5 aree di espansione comprese all’interno degli argini maestri, in  corrispondenza di  meandri che si trovano lungo il tratto vallivo del corso d’acqua. In realtà, le verifiche condotte dallo studio hanno verificato che il loro effetto si rivelerebbe del tutto trascurabile.

Valutazione degli effetti della casse di espansione
Lo studio si pose quindi l’obiettivo di fornire una prima valutazione degli effetti di tali casse e delle potenzialità che esse avrebbero offerto ai fini della mitigazione del rischio alluvionale e del miglioramento del livello di sicurezza idraulica del territorio, simulando due eventi, uno a ricorrenza 30-ennale che ipotizzava una portata massima a valle della confluenza Lamone Marzeno di circa 650 mc/s, e l’altro a ricorrenza 200-ennale che ipotizzava una portata massima a valle confluenza Lamone Marzeno di oltre 900 mc/s.

Ovviamente, nel rapporto sono numerosi i dati e i grafici utilizzati per dare una rigorosa risposta al problema posto.

Ci limitiamo a riportarne alcuni.

1. Riduzione della portata del fiume in caso di piena

Il grafico mostra la riduzione del colmo di piena del Lamone, dopo la confluenza con il Marzeno, con evento a ricorrenza trentennale, a seguito degli interventi di laminazione nelle quattro aree segnalate.

Un beneficio notevole: le simulazioni condotte mostrano una riduzione del valore massimo di portata al colmo dell’onda 30-ennale da 646 m3/s, nello stato di fatto, a 523 m3/s nella configurazione di progetto.  Una riduzione di 123m3/s, pari al 19% del colmo in arrivo.

Il grafico mostra, come quello precedente, la riduzione della portata del Lamone, ma con evento a ricorrenza 200-ennale.

Anche in questo secondo evento il beneficio è notevole: il valore massimo di portata al colmo passa da 917 m3/s, nello  stato di fatto, a 786 m3/s, nella configurazione di progetto. Una  riduzione  del  picco a Faenza di 131 m3/s, pari al 14.2% della portata al colmo dell’onda in arrivo.

2. Riduzione dei massimi livelli idrici di piena
Nell’evento 30-ennale l’abbassamento dei massimi livelli del profilo idrico si attesta sui 70 – 80 cm  in tutto il tratto a valle della confluenza con il Marzeno fino all’abitato di Mezzano, mentre nell’evento 200-ennale si attesta sui 90 – 110 cm nel tratto a valle della confluenza con il Marzeno fino a Reda.

In entrambi i casi, dunque, un effetto di proporzioni notevoli.

3. Sufficienti dimensioni?

Il grafico mostra i volumi teorici di acqua da raccogliere nelle quattro aree artificiali di espansione, insomma il volume di laminazione, nel caso si verifichi l’evento a ricorrenza 30-ennale per mettere il percorso del Lamone, da Faenza alla foce, in condizioni di sicurezza in ogni suo tratto.

Dovendo ridurre il picco d’onda da 646 m3/s a 400 m3/s, il volume teorico di laminazione raggiunge il valore di 6,7 Mm3 (milioni di metri cubi di acqua), mentre quelle effettivo si spinge a 8,7 Mm3. Più del doppio rispetto ai 3,99 Mm3 garantiti dalle quattro aree di espansione ipotizzate nello studio.

Insomma, non è possibile, con il volume di laminazione reso disponibile dalle 4 casse, raggiungere la sicurezza completa, ossia la sua officiosità (la capacità di un corso d’acqua di convogliare a valle la portata di piena) lungo tutto il corso del Lamone nel tratto da Faenza alla foce, tuttavia rimane il fatto che il beneficio arrecato dalla loro realizzazione rimane rilevante, e altrettanto rilevante si rivela il suo effetto nella mitigazione degli eventi.

I risultati ottenuti in questo studio non possono che considerarsi solo indicativi delle effettive potenzialità di laminazione offerte dal sistema fluviale nel suo complesso. Una base necessaria per un progetto di intervento sul territorio, reso già nel 2010 impellente a seguito della constatazione che le valutazioni sulla naturale capacità di laminazione del corso d’acqua erano state allora, nei documenti di pianificazione del bacino, caratterizzati da una “irrealistica sovrastima”. Intervento che però non si è mai attuato.

Per quale ragione, pertanto, tredici anni fa fu programmato questo specifico e dettagliato studio se poi niente ne è conseguito?

Altresì, le simulazioni effettuate nel 2010, con i valori di piena 200-ennale, sono ancora valide? Oppure, a seguito dell’accentuarsi degli estremi meteorologici di questi ultimi decenni, vanno riviste?

Infine, con il susseguirsi di due eventi di portata secolare nell’arco di soli quindici giorni ed esistendo uno studio, i Sindaci della Romagna Faentina hanno, nei loro programmi, anche quello di sollecitare i responsabili dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po ad aggiornarlo in tempi brevi per far sì che le vasche di laminazione siano pronte prima del prossimo evento di piena disastroso, che non sappiamo quando, ma siamo certi che si riproporrà?

[1]Il  Fiume  Lamone,  nella  zona  di  pianura,  si  presenta  arginato  e  pensile;  caratteristica  è  la  ristrettezza  dell’alveo  che  determina  rischi  di  esondazione  per  sormonto delle sommità arginali nei periodi di maggiore portata. Nella porzione di tratto di interesse che è ubicata a monte di Faenza, l’andamento  del corso d’acqua si presenta molto tortuoso e spiccatamente meandriforme; inoltre gli  argini non hanno carattere di continuità”. Pagina 8 del testo citato.

Un lontano studio sulla laminazione delle piene del Lamone ultima modifica: 2023-06-16T15:30:47+00:00 da Giorgio Della Valle

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