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Corrente del Golfo in rallentamento?

Corrente del Golfo in rallentamento?

La fusione dei ghiacci marini artici e la maggior portata dei fiumi siberiani, causate dal risaldamento globale, potrebbero, aumentando la concentrazione di acqua dolce superficiale, interrompere la formazione delle correnti oceaniche profonde?”.

Questa la domanda con la quale terminava un precedente articolo dedicato al Lago Agassiz.

Gran Bretagna, inverno 1962-63
L’inverno del 1962-63, conosciuto come the Big Freeze 1963, fu uno dei più freddi inverni del Regno Unito; bisogna riandare all’inverno del 1684 ed a quello del 1740 per ritrovare condizioni atmosferiche più estreme.

L’inizio di Dicembre 1962 fu nebbioso e Londra soffrì il suo ultimo grande inquinamento da smog prima dell’introduzione della legislazione sull’aria pulita e prima che il consumo di carbone nel riscaldamento domestico iniziasse a diminuire. Alla fine del mese la neve si accumulò ovunque, bloccando le strade e le ferrovie e isolando interi villaggi a causa della rottura dei cavi elettrici aerei. Le persistenti basse temperature fecero sì che la neve ghiacciata persistesse sul suolo per oltre due mesi.
Gennaio, con una temperatura media di -2,1°C, rimane il mese più freddo sin dal 1814; il mare ghiacciò fino ad un miglio dalle coste a Herne Bay nel Kent; se il Tamigi non si coprì di uno strato di ghiaccio a Londra fu per l’afflusso di acque calde provenienti dalle due centrali di Battersea e Bankside. Ma ad Oxford, il 22 gennaio, lo strato di ghiaccio era talmente spesso da permettere l’attraversamento del Tamigi in auto.

La neve continuò a cadere copiosa anche nel mese di Febbraio.
Finalmente, il 6 marzo, l’Inghilterra si svegliò senza vedere la brina, la temperatura salì a 17°C e la neve rimasta scomparve in breve tempo.
In tutto il periodo invernale la temperatura media scese al di sotto della norma di circa 2,7°C, il calo previsto a seguito di una riduzione del 50% della calda Corrente del Golfo.

La stampa anglosassone
Pertanto, nessuna meraviglia se nel 2005, in seguito ad una comunicazione scientifica che riportava i dati di un indebolimento della corrente atlantica, i mezzi di comunicazione anglosassoni diedero ampio spazio alla notizia, a differenza di quelli italiani che quasi non se ne accorsero. In fondo, si trattava di una informazione che avrebbe, al contempo, attratto e atterrito i lettori. “La corrente che riscalda l’Europa si sta indebolendo”, “L’Oceano Atlantico si sta raffreddando”, “Allarme sui drammatici rallentamenti della Corrente del Golfo”, fino a “Il riscaldamento globale porterà un clima più freddo al Regno Unito”, questi alcuni titoli apparsi sulla stampa anglosassone in quell’anno.
Altresì, gli allarmi erano confermati dagli esperti che, a fronte di un calo della temperatura media nei decenni a venire, prevedevano l’avvento di inverni molto più rigidi.
Una nuova Era Glaciale in arrivo?

La comunicazione
Nel 2004 la RSS Discovery, una nave scientifica britannica, navigando lungo una rotta lineare che collegava le Canarie ad Est con la Florida ad Ovest, analizzò campioni di acqua prelevati a differenti profondità. Lo scopo era verificare se nelle portate della circolazione atlantica di superficie e di profondità si fossero verificati cambiamenti.
Le stesse analisi erano state effettuate in precedenza negli anni 1957, 1981, 1992 e 1998 e, dato che i dati del 1998 segnalavano una modesta variazione rispetto a quelli della antecedente spedizione, il responsabile del progetto, il professor Harry Bryden, non si attendeva alcuna sostanziale modifica.
Senonché, i rilievi sorpresero Bryden: la quantità di acqua calda che in superficie scorreva verso nord e quella di acqua fredda che in profondità scorreva verso sud stava diminuendo. Ed in misura significativa: rispetto al 1957, la circolazione atlantica era diminuita del 30%, e ciò equivaleva ad una riduzione di sei milioni di metri cubi di acqua al secondo.
Da tempo gli oceanografi, mancando dati certi su possibili evoluzioni della AMOC atlantica (Atlantic Meridional Overturning Circulation), avevano iniziato a considerare l’azione della rapida fusione della calotta glaciale artica sulla circolazione atlantica con un certo scetticismo, rinunciando ad intraprendere ulteriori ricerche.
Ma questi dati non potevano non rimettere tutto in discussione.

Diciannove sensori
Il lavoro svolto dalle nave RSS Discovery consisteva nell’effettuare, quasi a caso, degli “scatti” del “nastro trasportatore atlantico”, forse una modalità insufficiente a fornire un quadro completo e continuo del fenomeno.
Non passò che un anno, e la rivista Science comunicò i risultati di una ricerca effettuata con la dislocazione, nell’Oceano Atlantico, di diciannove sensori permanenti e attrezzati per fornire indicazioni puntuali. Il responso fu inappellabile: « … uno sguardo più vicino alle correnti atlantiche ha confermato che ciò che gran parte degli oceanografi sospettava fin dall’inizio: non vi è alcun segnale che il “nastro trasportatore”  di calore oceanico stia rallentando».
Bryden ammise che i risultati pubblicati su Science, risultati raccolti con continuità in un solo anno, erano sufficienti ad inserire il calo del 30% del sistema atlantico, rilevato dalla missione da lui diretta, nella naturale e casuale variabilità.

Gli oceanografi
Questi risultati diedero ragione agli studi degli oceanografi che da tempo sostenevano che per diminuire in quantità significativa la Corrente del Golfo si sarebbero dovute riversare nell’Atlantico del Nord quantità di acqua dolce immense, ben superiori a quelle generate dalla fusione dei ghiacci della Groenlandia e dall’aumento delle precipitazioni in Siberia.
Se è probabile una diminuzione della corrente del 25-30%, ciò non potrà che verificarsi nell’arco di almeno cento anni ed in presenza  di emissioni sostenute di gas serra.
Dunque l’Europa non subirebbe alcun cambiamento repentino, semmai gli effetti dell’indebolimento del sistema atlantico delle correnti rallenterebbero l’altrimenti rapido aumento delle temperature.
Anche l’IPCC, nel suo rapporto del 2007, concluse che « … le temperature in superficie intorno all’Atlantico del Nord e dell’Europa cresceranno a causa dell’impatto molto più esteso dell’aumento dei gas serra».

Da Nature
I modelli climatici dicono che una delle conseguenze del riscaldamento globale sarà un indebolimento del Sistema della Corrente del Golfo.
Ma questo rallentamento è già in corso?
Il tema è di recente tornato nei titoli delle notizie scientifiche grazie a due studi pubblicati su Nature.
E la risposta è tutt’altro che scontata.

RAPID

La Circolazione atlantica con inversione meridionale (Atlantic Meridional Overturning Circulation, AMOC), detto anche Sistema della Corrente del Golfo, è un insieme di flussi che attraversano l’intero oceano Atlantico e che varia nel tempo secondo modelli complessi.
Dal 2004 è attivo un progetto anglo-americano, nominato RAPID, che con 226 strumenti di rilevazione ancorati, posti alla latitudine 26,5° Nord, misura il movimento complessivo dei flussi: fino ad ora ha segnalato un notevole rallentamento del sistema.
Ma una variazione in un arco di tempo così breve non può avere un valore statistico attendibile.

Le temperature
Secondo Stefan Rahmstorf, autore insieme ad altri di uno dei due articoli pubblicati su Nature (12 aprile 2018), oceanografo del Potsdam Institute for Climate Impact Research, il problema potrebbe essere risolto ricorrendo ai dati sulla temperatura dell’oceano, per due ragioni: dati numerosi e attendibili; l’AMOC ha una significativa influenza sulle temperature di gran parte del Nord Atlantico.
Dalle informazioni raccolte a partire dal 1870 si ha che: l’Atlantico subpolare (a sud della Groenlandia), in controtendenza, si è solo leggermente riscaldato, mentre una vasta zona dell’Atlantico lungo la costa americana si è risaldata molto più della media.
La spiegazione data da Rahmstorf è basata sul ruolo dell’AMOC: il raffreddamento è dovuto ad un minor apporto di calore immesso dall’AMOC, mentre il riscaldamento è originato dallo spostamento della Corrente del Golfo verso la costa statunitense provocato da un indebolimento dell’AMOC.
In altri termini, non esiste un meccanismo in grado di spiegare la variazione spaziale e temporale della temperatura atlantica diverso da quello che presuppone un indebolimento dell’AMOC.

I sedimenti
In un secondo studio di David Thornalley et al., sempre pubblicato su Nature del 12 aprile 2018, si utilizzano i dati ottenuti da sedimenti marini raccolti a differenti profondità nell’Oceano Atlantico che permettono di riandare indietro nel tempo fino a 1600 anni fa.
La conclusione degli autori è che nei secoli passati l’AMOC non è mai stata così debole come negli ultimi cento anni.

Grafico a sei voci


Il grafico ricostruisce l’evoluzione dell’AMOC a partire dal 1700 basandosi su differenti tipi di dati. Ad esempio, la curva verde si basa sui dati relativi ai coralli che vivono in profondità, la linea blu sui granelli di sabbia trasportati (sabbia più grossa indica una corrente più forte, e viceversa), la curva viola su dati terrestri quali gli anelli di accrescimento degli alberi, le carote di ghiaccio, ecc.
La curva blu mostra un interessante rallentamento alla fine dell’Ottocento: è attribuito alla fine della “Piccola Era Glaciale” ed al conseguente grande afflusso di acqua dolce tale da rallentare la formazione delle correnti profonde nel mare del Labrador.
Tuttavia, le sei curve forniscono un’immagine coerente: un rallentamento della AMOC a lungo termine che sta accelerando negli ultimi decenni.

Meno 15%
Nello studio di Rahmstorf si stima che l’AMOC si sia indebolita nella misura del 15% rispetto alla metà del XX secolo. Percentuale che corrisponde ad un rallentamento di 3 milioni di metri cubi al secondo. A paragone, la portata del Rio delle Amazzoni è 15 volte inferiore, e la portata di tutti i fiumi della Terra tre volte inferiore.

Conseguenze?
Niente a che fare con l’istantanea glaciazione raccontata nel film “The day after tomorrow”.
Anzi, paradossalmente, alcuni studi ipotizzano come un raffreddamento del Nord Atlantico possa accentuare il caldo estivo in Europa: il trasporto di calore nell’Atlantico non è ancora abbastanza diminuito per raffreddare le terre rivierasche, ma lo è in misura tale da influenzare la distribuzione geografica della pressione dell’aria e favorire l’afflusso di aria calda verso l’Europa. Nell’estate del 2015 l’Atlantico non era mai stato così freddo dall’Ottocento, ma l’Europa fu interessata da una intensa ondata di calore.
Secondo altri studi, l’indebolimento dell’AMOC potrà essere la principale causa delle variazioni nella circolazione atmosferica e la causa dell’aumento delle attività temporalesche nell’Europa centrale.
Infine, altri studi segnalano quale conseguenza del rallentamento dell’AMOC un’accelerazione nell’innalzamento del livello del mare lungo la costa degli Stati Uniti.

Lungo termine
Nonostante il grafico mostri una leggera ripresa dell’AMOC, è l’andamento a lungo termine del processo che preoccupa e, qualora lasciassimo che il riscaldamento globale prosegua a lungo, il rallentamento non potrà che proseguire.

[Le informazioni sono tratte da: Lynas Mark, “Sei Gradi”, Fazi Editore, Roma, 2008; sito Climalteranti.it, https://www.climalteranti.it/2018/04/22/prove-piu-salde-di-una-circolazione-nord-atlantica-piu-debole/]
Corrente del Golfo in rallentamento? ultima modifica: 2019-07-19T13:07:52+00:00 da Giorgio Della Valle

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