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Piano di Sviluppo Rurale: quali ricadute sul clima?

COMUNICATO STAMPA   Bologna, 13 maggio 2020

 

Nuova tornata per il Piano di Sviluppo Rurale 2021-2022    

400 milioni nei prossimi 2 anni: ma quali ricadute sul clima?

Legambiente interviene sulle scelte di allocazione di fondi pubblici in discussione dalla Regione Emilia-Romagna: bene l’impegno per il biologico, ma troppe poche azioni dirette per fronteggiare l’emergenza climatica

 

Legambiente interviene su una scelta strategica per l’Emilia-Romagna: la ripartizione di circa 400 milioni di euro da parte della Regione,  sul Piano di Sviluppo Rurale (PSR) dei prossimi 2 anni.

L’associazione sottolinea che si tratta di un piano fondamentale per il mondo agricolo, ma altrettanto per tutti i cittadini, visto che i fondi pubblici interverranno anche su aspetti generali, come la tutela del territorio, il clima, le zone montane, le aree protette e l’uso delle acque.

Legambiente ha segnalato che tali risorse non potranno assolutamente prescindere dai temi del cambiamento climatico, con vincoli e condizionalità a tutti i futuri bandi per favorire risparmio energetico e fonti rinnovabili. Ma risulterà importante lavorare anche sull’adattamento al cambiamento climatico e alla riduzione dell’inquinamento.

Nello specifico, durante il confronto in atto, ci si chiede in che misura questi 400 milioni concorreranno al raggiungimento dei nuovi obiettivi europei sul clima e a quelli ambiziosi fissati dal Patto Clima e Lavoro.  Tenuto conto che ad oggi anche gli obiettivi che la Regione si era data col proprio Piano Energetico (PER) del 2017 risultano distanti dal raggiungimento.

Queste alcune considerazioni segnalate da Legambiente:

  • appaiono insufficienti le risorse per ridurre direttamente le emissioni di gas serra e ammoniaca (sotto il 3%).
  • si rimane sorpresi della completa assenza di risorse per le rinnovabili. Certamente il PNRR ha previsto rilevanti stanziamenti in questo senso, tuttavia occorre che le previsioni per i prossimi anni siano messe in relazione agli obiettivi del PER e soprattutto al Patto Clima e Lavoro (100% rinnovabili al 2035), e si verifichino gli scenari di attuazione che potrebbero arrivare da questo comparto;
  •  le voci di impegno più rilevanti previste dalla Regione riguardano gli investimenti in ammodernamento, sia per le imprese agricole in senso stretto ma anche per l’agroindustria. A queste misure sono destinati quasi 120 milioni di euro. Soprattutto in questo ambito l’associazione ritiene vada fatto uno sforzo per garantire che i contributi siano legati a criteri stringenti di risparmio energetico e riduzione delle emissioni di CO2. Non sarebbe altrimenti giustificabile un così alto investimento a favore delle industrie. Sarebbe ad esempio opportuno fare un’attenta valutazione sulla tipologia di mezzi agricoli e predisporne la sostituzione favorendo l’alimentazione rinnovabile.
  •  sugli importi destinati alle risorse idriche – solo l’1% del totale-  si ritiene che essi non siano adeguati all’allarme del cambiamento climatico e agli obiettivi di risparmio idrico previsti dai vari strumenti di pianificazione delle acque, non ultimo lo studio di fabbisogni delle aree di Parma e Reggio prodotto dall’Autorità di Bacino. Tali attività saranno determinanti per le politiche di adattamento climatico e per prevenire soluzioni impattanti come grandi invasi. Non investire in prevenzione aprirebbe la strada alle dighe.
  • rispetto alla gestione dei reflui zootecnici e alla riduzione di inquinamento atmosferico e delle acque l’associazione chiede se le cifre disponibili siano considerate sufficienti a garantire l’applicazione delle restrizioni alle emissioni introdotte dal Piano Aria. Per fronteggiare l’emergenza smog e le procedure di infrazione comunitarie sono state introdotte di recente misure per ridurre le emissioni di ammoniaca in atmosfera, che determinano la necessità della copertura delle strutture di stoccaggio per gli allevamenti e l’adozione di sistemi di spandimento degli effluenti con interramento diretto;
  • positivo invece l’investimento in biologico. Su questo fronte è importante dare un contributo prevalente all’ortofrutta, le cui superfici a bio sul territorio sono minoritarie ma tra le più impattanti in termini di impiego della chimica di sintesi. Tanto ancora viene destinato alla produzione integrata, che seppur sia una condizione migliorativa rispetto all’utilizzo indiscriminato dei fitofarmaci, in certi casi non è sufficiente a garantire un miglioramento delle condizioni ambientali: sarebbe necessario un rafforzamento dei controlli per il rispetto dei disciplinari e un’adeguata certificazione. Ad ogni modo l’associazione richiede di mettere in relazione tali risorse con le situazioni di maggior inquinamento da fitofarmaci presenti nei fiumi, in modo da ridurre i carichi di pesticidi laddove i corsi d’acqua risultano più inquinati.
  • per quanto riguarda gli investimenti a favore di culture arboree si ritiene sarebbe più opportuno dirottarli verso la voce “agricoltura da legno ecocompatibile;

L’associazione auspica che su tali valutazioni ci sia una risposta chiara e soprattutto veicolabile a tutta la popolazione. Come più volte ricordato, i meccanismi di distribuzione delle risorse della PAC (la Politica agricola comunitaria) e dei PSR sono molto complessi, questo comporta che gli esiti finali di tali scelte siano compresi a pieno solo da una ristrettissima tecnocrazia di addetti ai lavori. Un limite da superare a favore di una maggiore democrazia e partecipazione.

Rispetto alle scelte positive, Legambiente segnala invece apprezzamento sugli sforzi fatti a favore dei giovani, alla rinnovata attenzione al benessere animale e al grande investimento che la Regione continua a destinare alla montagna.

 

L’Ufficio stampa
ufficiostampa@legambiente.emiliaromagna.it
Tel: 051241324

Piano di Sviluppo Rurale: quali ricadute sul clima? ultima modifica: 2021-05-21T16:37:49+00:00 da Giorgio Della Valle

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